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Maria Molinari: tornare e restare in montagna per prendersene cura

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Antropologa, originaria dell’Appennino parmense, nella più recente fase della sua professione lascia definitivamente la città per tornare in Appennino, ove è cresciuta. Abbiamo chiesto a Maria perché ha deciso di tornare a vivere in montagna e cosa la spinge a restare:

Perché vivo qui. Ti risponderei perché “sono di qui”, nel senso che qui sono cresciuti i miei genitori, qui sono cresciuta io. Non ci sono nata perché non c’è l’ospedale. Dopo una lunga esperienza in Uganda con la famiglia, nella mia infanzia, i miei genitori sono poi tornati in paese e qui siamo restati. Ho fatto qui le scuole elementari e medie e mi sono spostata quotidianamente per frequentare le superiori altrove. Il tempo dell’università e poi i primi anni di lavoro fino al 2010 li ho trascorsi in pianura. Non soddisfatta dell’ambiente in cui vivevo, all’età di 29 anni mi sono licenziata per poter tornare al mio paese. La crisi del Nord Africa avvenuta l’anno seguente mi ha poi dato l’opportunità di restarci, svolgendo un lavoro solido nel settore dell’accoglienza, settore in cui già avevo a lungo lavorato precedentemente in città. Oggi la scelta si è fatta più consapevole e mi sono distaccata anche da questo tipo di lavoro, scegliendone uno che avesse la finalità di promuovere il territorio, le persone che ci vivono e le loro culture. Oggi sono guida ambientale escursionistica, dottoranda in antropologia culturale e mi occupo principalmente di progettazione per i piccoli comuni montani. Nella domanda “perché vivi qui?” mi pare sottinteso “perché resti?”Resto perché la situazione che ho qui è ideale sotto ogni punto di vista, ma non perfetta. Vivo in una comunità che mi conosce. Ho modo di realizzare le mie aspirazioni. L’ambiente in cui vivo non è eccessivamente antropizzato, dunque ti dà quotidianamente e facilmente la possibilità di osservare il ciclo della vita. Si potrebbe quindi dire che resto perché questo è un ambiente ideale per vivere. Non sarei però sincera se mi fermassi ad affermare questo. Uno dei motivi per cui resto è soprattutto perché questo è un territorio che ha bisogno di essere curato e ristabilito dalla noncuranza dei cittadini che lo hanno vissuto negli decenni precedenti: di coloro che se ne sono andati non lasciando il testimone a nessuno che potesse prenderlo e dare continuità ai possedimenti (case, boschi, attività); delle amministrazioni che hanno (s)venduto i servizi attivi; di coloro che hanno approfittato delle disattenzioni di cittadini assenti o dormienti per porre la centralità di questo luogo a qualche centinaia di metri più verso i centri urbani facendo divenire questa una periferia. Sono i cicli della storia. Il mio paese, come tanti in Appennino, si fonda su una centralità che ha trovato senso nel suo passo di valico più importante, transito di vie commerciali e fornitore di materie prime. Se oggi non è vivace come un tempo è perché il mondo intero è cambiato. Mi pare evidente però che la ruota stia di nuovo girando, per altre cause e con altra spinta. Ma gira. Resto perché so che ci troviamo ad una svolta e, in questa svolta, io come anche gli amici che hanno fatto la stessa scelta, ci sentiamo proprio di esserne il centro. Mi chiedi cosa manca. Manca soprattutto la consapevolezza globale. Ma ci stiamo lavorando.

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