LE AREE INTERNE TRA ABBANDONI E RICONQUISTE

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Abitare il territorio fragile. Benessere, qualità della vita ed economia fondamentale nel Salento.

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Il Salento è ostaggio, da tempo, di un conflitto di rappresentazioni. A partire dagli anni Novanta ha conosciuto una straordinaria notorietà, alimentata da un immaginario turistico-culturale molto attraente, che nell’arco di trent’anni ha sostenuto un volume crescente di flussi turistici. A questo successo ha contribuito certamente il fermento generato dalle politiche giovanili regionali (inaugurate dalla prima giunta Vendola) e la capacità di innovare dimostrata da alcune amministrazioni locali. Per converso, lo stesso trentennio è stato una lunga stagione, nient’affatto conclusa, di declino e marginalizzazione. L’internazionalizzazione del mercato dei capitali ha spinto la delocalizzazione di larga parte delle imprese che animavano il cluster (prevalentemente contoterzista) del settore tessile e calzaturiero. Contestualmente, la riduzione della capacità di spesa delle amministrazioni regionali e locali, insieme alla contrazione dell’intervento dello Stato centrale, ha portato a una riduzione delle opportunità di occupazione e di reddito nell’area del lavoro pubblico e para-pubblico, insieme a una riduzione del volume e della qualità dei beni e dei servizi collettivi. Da qui, un processo di spopolamento strisciante, che risparmia soltanto il capoluogo e la cinta periurbana ed è particolarmente acuto nei comuni dell’entroterra; con un contestuale deperimento del capitale fisso, pubblico e privato.

A tutto questo vanno aggiunti i danni ingenti, largamente sottovalutati, prodotti dall’epidemia da Xylella all’enorme patrimonio olivicolo: danni che non riguardano soltanto il settore agricolo, ma l’intero assetto rurale e paesaggistico.

In una crisi così complessa, la produzione di benessere e sviluppo non può essere affidata semplicemente all’attrazione di investimenti attraverso la costruzione di un ambiente economico business friendly, dentro e fuori il settore turistico. È indispensabile, invece, che la vitalità del tessuto economico sia sorretta da una base di benessere condiviso, assicurata da una solida infrastruttura della vita quotidiana.

A partire da questo presupposto, la Camera del Lavoro CGIL di Lecce ha commissionato all’Università del Salento (Dipartimento di Storia, Società e Studi sull’Uomo) una ricerca sulle esigenze e i bisogni della popolazione salentina, allo scopo di indirizzare l’azione del Sindacato su diversi fronti: il partenariato sociale sulle politiche territoriali, le attività di contrattazione sociale territoriale, la produzione di campagne e di mobilitazioni su temi che riguardano il benessere collettivo e il lavoro nei settori economici fondamentali.

La ricerca è stata condotta – attraverso questionari e interviste in profondità – su tre contesti diversi, ovvero il capoluogo Lecce, e due comuni della provincia, assai differenti per dimensioni, storia politico-sociale e assetto economico: Casarano, cittadina che è stata per alcuni decenni la capitale de facto del sistema produttivo tessile-calzaturiero salentino; e Corigliano d’Otranto, un paese di piccole dimensioni con un’economia rurale e un tessuto associativo molto vivace.

Nel complesso, sono tre le evidenze più significative. Innanzitutto, le priorità individuate dai cittadini appaiono decisamente diverse da quelle solitamente sostenute dalle politiche di sviluppo: l’attenzione dei cittadini si sofferma soprattutto sulla dotazione di beni e di servizi collettivi, e in particolare di quelli che sono stati più danneggiati dai processi di privatizzazione e dalle ingiunzioni dell’austerity, come la sanità, l’istruzione, i servizi di cura, i trasporti pubblici. Il punto di vista dei cittadini ignora la prospettiva tecnocratica della competitività come chiave del benessere del territorio, e non indulge mai nella seduzione del successo turistico. In secondo luogo, emerge l’importanza del valore simbolico dei luoghi, che – insieme al benessere materiale – alimenta il senso dell’abitare, e che è legata anche alla disponibilità di infrastrutture sociali e culturali. In terzo luogo, i cittadini attribuiscono un’importanza basilare, per il futuro del benessere, al lavoro pubblico e agli enti intermedi, più e meno “tradizionali” (inclusi i sindacati), il cui ruolo viene troppo spesso ritenuto superato.

Un’ulteriore importante conclusione della ricerca è che il quadro dei bisogni e la percezione delle prospettive sono sensibilmente diversi nei differenti contesti: è legato alla storia politico-amministrativa, alla qualità delle relazioni comunitarie, alla robustezza del tessuto associativo. E questo ricorda, se ce ne fosse bisogno, quanto sia importante che le politiche siano ancorate a una conoscenza granulare dei luoghi.

Angelo Salento (Socio di Riabitare l’Italia)

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