LE AREE INTERNE TRA ABBANDONI E RICONQUISTE

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GIOVANI DENTRO, UNA RICERCA DI RIABITARE L’ITALIA. Quali sono i bisogni dei giovani che vogliono contribuire alla vita nelle Aree Interne?

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Inauguriamo gli editoriali di Riabitare l’italia Giovani con un primo articolo di Sara Donati.

Il progetto di ricerca Giovani Dentro nell’ultimo anno ha indagato, coinvolgendo circa 3300 giovani cittadini, le prospettive, i bisogni e gli interessi della popolazione under 40, che sta vivendo o proviene dalle Aree Interne italiane. Possiamo dire certo che negli ultimi due anni il fenomeno sia in aumento: la pandemia ha contribuito ad orientare l’attenzione verso le Aree Interne, come spesso accade in momenti di crisi. Tuttavia questo processo è in atto da ormai due decenni, per via di una ricerca di vita e lavoro alternativi a quelli proposti e declinanti del ritmo cittadino, nonostante le difficoltà che vivere in questi territori comporta. Ecco che in questo momento storico la ricerca Giovani Dentro, con i risultati che ha prodotto e che potete approfondire qui, si propone di contribuire attraverso l’analisi scientifica, all’intervento concreto sia al dibattito culturale sia alla formulazione di risposte innovative alle tendenze socioeconomiche, demografiche e ambientali che investono le Aree Interne italiane. Essa ha quindi anche lo scopo di orientare i decisori pubblici verso strategie di sviluppo consapevoli del capitale  umano di questi territori.

Ma iniziamo dal principio, chiarendo proprio che con la dicitura “Aree Interne”, la Strategia Nazionale Aree Interne (2013) definisce le zone lontane in termini di tempi di percorrenza dai poli che offrono i servizi essenziali di trasporto, salute e scolastici. Queste aree sono sì fragili da un punto di vista socio- economico nonché demografico, ma non sono “vuote”: sono da osservare nella loro complessità di territori marginalizzati da uno sviluppo estrattivo e urbano centrico. L’Associazione che con altri partner ha portato avanti la ricerca, Riabitare l’Italia,  si occupa infatti di favorire culturalmente una lettura non stigmatizzante rispetto a questi territori, né uno sguardo che li renda vittima di rappresentazioni da scenario rurale bucolico, in dicotomia rispetto all’urbano: semplicemente uno sguardo che renda onore alla complessità e alle istanze di cui sono portatori i cittadini che quotidianamente li abitano. Attraverso questa indagine quindi si è iniziato ad esplorare le motivazioni, gli interessi, i bisogni formativi e professionali della popolazione giovane che resta o torna ad abitare le aree marginali, interne e montane.

Giulia Cutello, parte del team di ricerca, sostiene che l’indagine ha rappresentato un’importante novità perché  ‘’per la costruzione di scenari futuribili è necessario guardare alle giovani generazioni che decidono di investire in questi territori, e Giovani Dentro segna un’ inversione di rotta perché restituisce contestualmente attenzione a due target, quello territoriale e quello generazionale, la cui combinazione era finora rimasta inesplorata”.

Che metodologia ha seguito la ricerca?

L’indagine è stata realizzata attraverso quattro fasi quali- quantitative, in cui sono stati raccolti dati ed interviste riducendo progressivamente il numero  di rispondenti. Nella prima fase della ricerca, a partire da dicembre, attraverso interviste telefoniche e sul web, sono stati contattati e intervistati 1000 individui giovani riguardo la formazione ed il lavoro, i valori legati al “restare” o “tornare” sui territori, il rapporto con la natura e la potenziale motivazione a lavorare in agricoltura.  In seguito, 2000 rispondenti volontari provenienti dalle Aree Interne hanno compilato un questionario proposto sui social. Se nella prima fase della ricerca il campione di persone intercettato può essere considerato statisticamente rilevante in base ai criteri di selezione delle persone intervistate, nel secondo caso possiamo dire che le persone che volontariamente hanno risposto al questionario sui social si siano auto-selezionate e quindi abbiano fornito risposte che fanno trasparire una particolare affinità e interesse rispetto ai temi di Riabitare L’Italia.

Nella terza fase della ricerca, sono stati contattati tramite le pagine social di Riabitare l’Italia, attivando tutti i soci e le socie dell’associazione e diffondendo la survey nei gruppi tematici affini al tema di ricerca. Si sono così raggiunti 300 individui residenti nei comuni delle 72 aree progetto della Strategia Nazionale Aree Interne. Il questionario, proposto attraverso la piattaforma Monkey Survey, è stato somministrato a partire dal mese di gennaio 2021 ed era rivolto ad indagare alcune dimensioni di benessere della popolazione con particolare riferimento al lavoro, alla famiglia e alla partecipazione alla vita della propria comunità di appartenenza.

Nell’ultima fase della ricerca, nella primavera- estate 2021, sono stati organizzati e condotti quattro approfondimenti: sono stati creati altrettanti gruppi di lavoro secondo una selezione che consentisse di rappresentare idealmente le aree interne di quattro regioni italiane: Piemonte, Campania, Abruzzo e Sicilia.  Ad ogni focus group hanno partecipato circa 10 attori rilevanti selezionati dal gruppo scientifico del progetto, tra cui imprenditori, agricoltori, progettisti, cooperative, fondazioni, amministrazioni locali,  ricercatori. Le tematiche discusse hanno riguardato l’agricoltura, la formazione e la scuola ed infine la comunità e trasversalmente possibili iniziative a sostegno dei giovani nei territori interni.

Cosa ha rilevato la ricerca?

In linea generale, i giovani che hanno risposto alla ricerca fanno trasparire un cambiamento rispetto all’immaginario comune rispetto ai giovani delle Aree Interne. Infatti, dalla seconda fase della ricerca emerge che più della metà dei rispondenti ha conseguito una laurea e più del 70% si è inserito nel mondo del lavoro e tra questi il 30% ha un’attività autonoma o ha avviato una propria idea imprenditoriale, poiché una fetta rilevante di restanti o ritornanti punta sull’auto- imprenditorialità. In generale infatti, i soggetti che vogliono restare e pianificare la loro vita nel luogo in cui abitano, sono quelli che hanno raggiunto le loro principali tappe di vita (prevalentemente ragazzi e ragazze tra i 29 e 39 anni). In particolare, hanno terminato gli studi e sono entrati nel mondo del lavoro, trovando un impiego a tempo indeterminato o a tempo determinato e sono andati a vivere in una casa indipendente dal proprio nucleo familiare (il 50% dei rispondenti). Tra le principali motivazioni a restare ci sono il forte legame con la comunità, la possibilità di contatti sociali più gratificanti e la migliore qualità della vita. Dai focus group svolti in Piemonte durante la terza fase della ricerca, è stata riscontrata tra le motivazioni per restare o tornare anche la possibilità di soddisfare l’ambizione di investire la propria professionalità in un ambiente più a contatto con la natura ed in un lavoro maggiormente flessibile e con una valenza etica.

Dalla seconda fase della ricerca emerge come per il 53% dei rispondenti la principale fonte di reddito è il reddito da lavoro svolto nell’area interna di riferimento (anche per causa del telelavoro), mentre per il 18% invece la principale fonte di reddito è reddito da lavoro svolto all’esterno dell’area di riferimento, evidenziando il ruolo del pendolarismo e della connessione con la città. Dalla terza fase della ricerca invece, emerge come più della metà dei rispondenti ritiene le proprie risorse economiche adeguate e il 30% le ritiene inadeguate, mentre più del 60% dei rispondenti dichiara di non avere abbastanza voce in merito alle decisioni che influenzano la propria comunità e lo sviluppo del proprio territorio, tra cui la percentuale femminile spicca.

Nonostante più della metà dei rispondenti si sposti al di fuori  del proprio comune per raggiungere cinema, teatri e mostre, il 43,5% per svolgere acquisti e il 40,3% per accedere a servizi sanitari e servizi pubblici, dimensione che evidenzia il divario civile nell’accessibilità ai servizi, il 68% dei e delle giovani coinvolte nell’indagine è in ogni caso orientato a rimanere nelle aree interne in cui vive.  Il 12% dichiara invece di avere intenzione di vivere e lavorare altrove e ha in programma di partire. In particolare a questa percentuale appartengono giovani sotto i 30 anni che sono in cerca di migliori opportunità formative e lavorative,  con l’obiettivo di ampliare le esperienze di vita e la propria visione del mondo.

Se guardiamo invece all’ultima fase del progetto Giovani Dentro, che corrisponde all’organizzazione di tre momenti di discussione nella forma di Focus Group sui territori, scopriamo che le esigenze formative e professionali dei e delle giovani intervistate, sono fortemente in linea con le 15 proposte avanzate dal percorso di Officina Giovani delle Aree Interne, conclusosi a novembre 2021. Proposte ed esigenze riscontrate da ambedue i percorsi che si sono svolti indipendentemente e parallelamente, sono per esempio l’importanza di lavorare sulla cultura  e il senso di appartenenza della comunità locale, le cui le reti esistenti vanno sostenute nel dialogo con gli enti locali, promuovendo spazi e momenti di confronto. Come sottolineato anche dalle proposte 13, 14 e 15 di Officina Giovani, dal punto di vista dell’accompagnamento al lavoro, è chiara la necessità di facilitare l’orientamento giovanile, mentre è percepita come fondamentale per attivare percorsi di restanza la formazione ed informazione rispetto ai bandi, agli obiettivi dei fondi disponibili e l’accesso ad un credito minimo per iniziare l’attività imprenditoriale. Anche lo snellimento della burocrazia necessaria per la creazione d’impresa giovane è un elemento cruciale per l’avvio delle attività imprenditoriali sui territori secondo sia la ricerca Giovani Dentro sia il percorso Officina Giovani.

Ecco che anche per via della convergenza di questi dati, occorre  diffondere e dare concretezza a queste richieste se il governo vuole perseguire il contrasto allo spopolamento delle Aree Interne attraverso provvedimenti costruiti con la cittadinanza locale: non bastano le scelte individuali e le personalità  in grado di portare visioni e innovazione sui territori ma servono politiche che strutturalmente favoriscano il ripristino del tessuto sociale ed economico che permetta una vita di diritto nelle Aree Interne.

Quali possono essere alcuni spunti di ricerca per il futuro?

Come ci chiarisce Giulia Cutello, parte del team di ricerca, in alcune regioni si andranno ad avviare, grazie ai dati raccolti, dei percorsi che daranno seguito al coinvolgimento dei giovani con cui è stata condotta la ricerca e che riguarderanno iniziative sperimentali di formazione e di accompagnamento di startup e cooperative. Evidenziamo in particolare il progetto della scuola nazionale di pastorizia su cui Riabitare l’Italia sta lavorando con altri attori e lo Sportello “Vivere e lavorare in montagna” sull’esempio dell’esperienza già implementata dalla città Metropolitana di Torino.

Per quanto riguarda l’attività di ricerca scientifica vera e propria, l’intenzione di Riabitare L’Italia è che il metodo e gli strumenti sviluppati e applicati da Giovani Dentro vengano ulteriormente valorizzati, data la consapevolezza che investire in questa metodologia in maniera continuativa apporta risultati significativi. Inoltre l’approfondimento della combinazione delle tematiche territoriali e generazionali potrebbe estrinsecarsi in diversi modi, anche attraverso la compagine dei giovani di Riabitare l’Italia. Prospettive in merito riguardano anzitutto l’attivazione di una pagina appositamente dedicata all’interno del sito dell’associazione che mirerà all’approfondimento delle prospettive dei e delle più giovani socie rispetto ai temi e alla mission associativa.  Sono ancora tante infatti le domande che possiamo indagarerispetto ai risultati emersi dalla ricerca e ai fenomeni tangenziali ad essi, di cui di seguito facciamo solo alcuni esempi su cui si è già iniziato a riflettere. Può essere significativo indagare quale eguaglianza di opportunità o esclusività esiste tra le persone nell’accesso ad una vita e al lavoro nelle Aree Interne. Oppure ci possiamo chiedere, come si organizza la relazione tra la popolazione under 40 e quelle che più storicamente si sono insediate sui territori? Quali sono le visioni e i valori dei giovani cittadini e cittadine che non sono né restanti né ritornanti, ma che hanno scelto di trasferirsi dalle metropoli nelle Aree Interne del paese? E ancora…quali considerazioni possiamo portare avanti secondo una prospettiva di genere, rispetto alle differenze tra le condizioni dei e delle giovani? Come monitorare e incentivare la partecipazione dei e delle giovani locali rispetto alla Strategia Nazionale Aree Interne?  Si possono mappare le realtà locali che generano benessere inclusivo ed ecologico attraverso stili di vita e lavoro?

Ecco che, osservare e dare spazio a queste domande permette di entrare nel merito e nel cuore della complessità del pensare il futuro in questi territori, che svelano spazi per immaginare futuri innestati nei contesti locali e accessibili, ovvero a misura delle diversità delle persone sui territori stessi.

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