LE AREE INTERNE TRA ABBANDONI E RICONQUISTE

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Houston abbiamo un problema

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Se, come affermava J.P. Fitoussi, alle radici della crisi ambientale ed economica “si trova l’identico problema etico: la preferenza per il presente ed il suo corollario, ovvero il deprezzamento del futuro”, la società contemporanea ha una mancanza di senso le cui conseguenze sono assai concrete ed invero anche immediate.
La cooperazione se saprà mettere a valore la propria specificità, grazie ai principi e alla vocazione intergenerazionale di cui è portatrice, potrà essere una delle leve per la ricostruzione di uno scopo collettivo e di una società più equa e dinamica. L’esito non è affatto scontato e un quadro come quello descritto potrebbe, nel lungo periodo, esserle esiziale perché la sua possibilità di crescere ed affermarsi dipenderà dalla capacità di produrre pensiero, cultura e uno sguardo verso il futuro, ovvero di essere utile e percepita come tale.
Anche da questa convinzione nasce la collaborazione di Coopfond – Fondo Mutualistico di Legacoop – con Riabitare l’Italia e il sostegno a Giovani Dentro progetto di ricerca-azione teso ad indagare le attese, le prospettive e i bisogni dei giovani delle aree interne. Dati su cui poi poggiare future progettualità ed azioni che potranno avere la costituzione di nuova impresa cooperativa come uno dei possibili esiti.
I giovani, ci dice la ricerca, hanno una “propensione” per restare o tornare nei loro territori assai maggiore di quella che avremmo potuto immaginare prima di questo lavoro. Una risorsa, un’energia cui è d’obbligo dare sponda.
Per argomentare vorrei però partire con un esempio molto lontano nel tempo, dal 1846 quando Eliza Brierly divenne socia della Rochdale Equitable Pioneers Society, la cooperativa (costituitasi nel 1844) a cui si fa risalire la nascita del movimento cooperativo moderno e che codificò i principi che ancora oggi, con semplici adeguamenti dovuti al mutare del tempo, guidano il movimento. Eliza e i Probi Pionieri anticiparono di oltre settant’anni un diritto, quello della partecipazione e del voto, che come diritto politico venne riconosciuto ad una parte delle donne inglesi nel 1918 ed a tutte solo nel 1928, un fatto di portata straordinaria che segna l’identità della cooperazione, la sua forza e responsabilità.
Ricorrendo alla storia posso quindi affermare che l’innovazione, l’emancipazione, la volontà e capacità trasformativa sono alla radice, nel DNA della cooperazione e perno dell’attività di promozione di Coopfond.
Oggi, per rimanere ancorati al nostro esempio, è aperto il bando CoopstrtupHer per promuovere nuova impresa cooperativa al femminile, mettere a sistema buone pratiche ed attività formativa tesa al superamento del gender gap. Un processo d’innovazione e miglioramento continuo che poggia su solide basi.
Diritti ed emancipazione dei soci e delle loro comunità promossi attraverso l’attività d’impresa sono lo specifico cooperativo che, come detto, motiva l’incontro con Riabitare l’Italia che, attraverso cultura, ricerca ed azioni vuole contribuire alla ricucitura delle tante diseguaglianze territori e sociali del Paese.
L’associazione muove dalla convinzione, maturata con la Strategia Nazionale Aree Interne, che Vi siano alcuni elementi propedeutici e abilitanti allo sviluppo, servizi di cittadinanza che sono fondamentali affinché una comunità possa essere generativa, come: l’accesso all’istruzione, ai servizi sanitari e ai collegamenti infrastrutturali (materiali e immateriali) cui è necessario affiancare un metodo partecipativo per individuare risorse più o meno latenti e definire gli obiettivi della comunità.
Questo impianto dialoga naturalmente con l’esperienza, i valori e i principi cooperativi, ne condivide le finalità ed il senso, definisce un’idea di una società aperta, equa, inclusiva, capace di valorizzare le proprie diversità e per questo più dinamica. Un modo nuovo di guardare allo sviluppo che assume come punto di vista, cui orientare le politiche, quello del benessere delle persone. Detto così sembrerebbe quasi ovvio, cosa dovrebbe fare la politica se non impegnarsi per il benessere dei cittadini? Ma pensate all’esperienza concreta ed a cosa, in questi ultimi anni, ha orientato le scelte di destinazione delle risorse e la loro reale efficacia in termini di benessere e di sviluppo. Un’idea di razionalizzazione che ha abbassato la qualità media dei servizi fondamentali, non ha prodotto efficienza e risparmio né tantomeno l’agognato sviluppo.
Bisogna darsi da fare per definire un nuovo impianto culturale entro cui costruire nuove strategie questo uno degli obiettivi che possiamo condividere con Riabitare l’Italia.
Ma cos’altro possiamo fare? Questa è la domanda naturale per coloro che, come i cooperatori, hanno deciso di voler incidere direttamente sulla realtà con il proprio agire concreto.
L’esperienza maturata con la promozione cooperativa ed in particolare delle cooperative di comunità, mi consente di tracciare alcune linee coerenti con il pensiero di Riabitare l’Italia.
Il principale insegnamento è che i territori sono ricchi di asset inutilizzati e che il principale di questi siano le persone con il loro bagaglio di saperi, di valori, di legami sociali.
Basta guardare alle prime cooperative di comunità nate nell’Appennino Reggiano come la Cooperativa la Valle dei Cavallieri, dalla solida storia ultratrentennale e I Briganti di Cerreto che con impegno e passione hanno modificato un percorso di declino che sembrava segnato e indicato una strada che altri stanno seguendo.
Il primo obiettivo è quindi attivare le persone attraverso il dialogo e la costruzione di relazioni.
Il lavoro fatto da Legacoop e da Coopfond, anche attraverso il bando Coopstartup Rigeneriamo Comunità, per far emergere dal confronto con le comunità competenze, punti di forza e legami sociali ha dimostrato l’importanza di stare sul territorio in modo competente, conoscerlo e riconoscervisi. Un’azione maieutica capace di attivare protagonismo, individuare risorse latenti materiali ed immateriali, promuovere leadership locali, reti di relazioni, progettualità. I numeri sono chiari e dicono che se ci sei, sai ascoltare e consigliare puoi agevolare dei processi di sviluppo e di innovazione.
Un lavoro di animazione il cui successo responsabilizza il movimento e dimostra la forza dello strumento cooperativo per attivare processi di sviluppo a partire dalle comunità.
Il pensiero mainstream ha rappresentato la cooperazione come uno strumento non adeguato per affrontare la contemporanee dinamiche competitive. Processo che ha avuto il suo apice negli anni ’80 del novecento quando in molte legislazioni si introdussero modifiche per consentire la trasformazione delle cooperative in società lucrative. In Gran Bretagna, per esempio, nel 1986 si consenti la trasformazione della Halifax Building Society in S.p.A.  La Halifax, cresciuta con successo nel credito immobiliare in oltre centocinquant’anni di storia, dopo alcuni anni dalla demutualizzazione dovette essere assorbita da un’altra banca per le gravi perdite accumulate da un management tutto orientato ai profitti di breve periodo che occultò per lungo tempo le perdite prodotte.
Questo esempio mi serve per dire che lo strumento cooperativo, soluzione non unica o priva di limiti e difetti, ha caratteristiche tali da renderlo adatto ad ogni settore dell’economia con una tastiera molto ampia di punti di forza che a volte ci si “dimentica” di utilizzare perché si subisce il fascino e la “pressione” del pensiero mainstream.
Nel caso specifico dello sviluppo territoriale i punti di forza possono sono:
il naturale riferirsi, il riconoscersi negli interessi della comunità (7° principio ) ed il radicamento in essa che fa dell’impresa cooperativa un modello orientato alla creazione di valore per la comunità (e non all’estrazione);
la possibilità di assumere in sé diversi obiettivi (scambi mutualistici) e di rispondere a più interessi (multi-stakeholders), ad esempio quello dei lavoratori, dei cittadini utenti,  delle imprese del territorio, che ne fa un soggetto particolarmente adatto per gestire processi complessi di governo con una funzione d’interesse collettivo e di sussidiarietà rispetto al pubblico;
la democrazia interna (2° principio) che rafforza la capacità di gestire processi complessi e di costruire, attraverso la partecipazione, scelte attente ai diversi bisogni. Nulla di più potente che costruire obiettivi condivisi può consentire il buon esito di un’intrapresa. Certo non è un pranzo di gala e non sono consentite scorciatoie! Nel caso si va fuori strada.
la democrazia e la compresenza di interessi diversi, a volte anche potenzialmente contrapposti come potrebbero essere quelli di dipendenti ed utenti, fa dell’impresa cooperativa un modello longevo che naturalmente guarda al lungo periodo. Esattamente il contrario dello shortermismo che, come abbiamo detto, è tra le cause della mancata crescita che da decenni contraddistingue il nostro Paese. Il passo dell’impresa cooperativa non è quello veloce del centometrista, ma quello lento del maratoneta che, seppur diversamente, raggiunge risultati straordinari.


Chi è e cosa fa Coopfond

Coopfond è la società che gestisce il Fondo mutualistico per la promozione cooperativa alimentato dal 3% degli utili annuali di tutte le cooperative aderenti a Legacoop, dai patrimoni residui di quelle poste in liquidazione e dagli utili della propria gestione.Costituita ai sensi della legge n. 59 del 31 gennaio 1992, per la promozione e lo sviluppo della cooperazione, ha dato vita ad un circuito virtuoso in grado generare sviluppo con risorse prodotte dallo stesso movimento cooperativo.
Coopfond sostiene la nascita e lo sviluppo di nuove imprese cooperative (soprattutto attraverso il progetto Coopstartup), piani d’investimento in cooperative esistenti, processi di fusione ed integrazione tra le stesse per raggiungere una soglia dimensionale capace di assicurare un posizionamento migliore sul mercato, rinascita in forma cooperativa di imprese fallite o in liquidazione attraverso il fenomeno dei workers buyout.
Oggi il patrimonio di Coopfond è di circa 500 milioni di euro e nell’ultimo esercizio ha deliberato interventi per circa 30 milioni di euro.

Gianluigi Granero

Incontra la cooperazione nei primi anni d’università come socio fondatore e presidente di Artificio, cooperativa attiva nella promozione e gestione di eventi e servizi culturali. Ha sviluppato gran parte della propria esperienza professionale all’interno del movimento cooperativo dove ha ricoperto ruoli diversi. Oggi dirige l’area Promozione e Workers Buyout di Coopfond.