LE AREE INTERNE TRA ABBANDONI E RICONQUISTE

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Oltre il ‘piccoloborghismo’. Comunità patrimoniali e rigenerazione delle aree fragili

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Turismo nei paesi delle aree interne (da Economia della bellezza)

di Letizia Bindi

Ouverture

In un celebre scritto di Ernesto de Martino dedicato all’intensa esperienza etnografica della spedizione in Lucania si riporta un canto scritto dal giovane poeta, scrittore, militante e sindaco Rocco Scotellaro insieme con alcuni contadini (fra i quali tali Rocco Tammone, Giuseppe Cetani e Giuseppe Paradiso) di Tricarico, in provincia di Matera (Mirizzi 2016; Clemente 1976, 2013). Nella cosiddetta “Canzone della Rabata”, parlando in prima persona, i poverissimi contadini di questo antico quartiere di origine saracena del paese lucano prendevano dialetticamente coscienza della loro soggettività culturale e politica e del valore dei saperi e delle pratiche che oggi come allora garantiscono la sussistenza alle città e a chi di loro scrive e fa oggetto di ricerca (Se nun fosse pe’ li cafoni/ve mangiassive li cuglioni). Soprattutto rifiutavano con forza e con sdegno, pienamente politico, la folklorizzazione/etnicizzazione del loro mondo di vita (Ce chiammeno Zulù e beduine / ca nuie mangiamme assieme a le galline. / Int’a’ Rabata nun ce sò signure / nun c’è né Turati né Santoro), pur avendo netta coscienza della liminarità e povertà indecorosa della loro condizione che imputavano a ragioni storiche senza alcun rifugio consolatorio nel magismo e nell’ordine del religioso.

Un ‘noi’ che si riconosce e si definisce come soggetto politico potenziale nella scena pubblica degli anni Cinquanta e della ricostruzione e che sarà in seguito messo a dura prova dalla frammentazione del fronte delle sinistre che separerà i contadini dal mondo operaio e dagli intellettuali consegnando la montagna e le campagne, specie quelle dell’Appennino centro-meridionale, allo spopolamento e a una inesorabile obsolescenza….