LE AREE INTERNE TRA ABBANDONI E RICONQUISTE

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Habitat Appennino – Le infinite possibilità di vivere la montagna

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Questa illustrazione è un'opera dell’artista romagnola Monica Gori che rappresenta l’essenza di questa rete appenninica informale e in divenire: la rete è la connessione tra le piccole comunità disperse tra le ossa degli Appennini, che sempre troveranno la strada per incontrarsi.
La mappa concettuale risultato dell'incontro Habitat Appennino - di Monica Gori
Incontro Habitat Appennino a Pennabilli, 10.09.2022

“Parlarsi, confrontarsi e conoscersi: abitare le terre alte non è essere eroi ma consapevolezza di fare una scelta di vita diversa dal resto del mondo”

Appennini come luoghi d’abitare e di incontro

Abitare e/o tornare a negli Appennini non è un gesto da eroi. Gli Appennini sono un esempio di spazio di equilibrio tra uomo e natura dove la terra è permeata dalla co-abitazione con la specie umana. Augusto Ciuffetti, massimo esperto di storia economica dell’Appennino e caro amico incontrato nelle lunghe traversate appenniniche, sottolinea da tempo come queste Terre Alte siano state per secoli luogo di scambio, di incontro e di connessione tra i due mari; ma anche di come la storia sia stata caratterizzata dai continui spostamenti e dall’innata propensione all’innovazione e la scoperta (Ciuffetti, 2019). La dorsale appenninica, nella sua continua metamorfosi, ha creato un habitat per le specie vegetali e animali, compresa quella umana.

In questo senso l’habitat non è lo spazio di un individuo o una popolazione, ma il luogo di incontro. É il luogo fisico di contatto. É il luogo dell’abitare. Della coesistenza tra uomo e natura. Dell’evoluzione. Sono i luoghi che accolgono, gli habitat che si plasmano nell’incontro e per accogliere. Tutte le specie scelgono il proprio habitat, quello in cui si trovano meglio. La specie umana non è da meno. C’è chi sceglie di vivere in città, al mare, su di un’isola, in un paese. In Appennino, o meglio negli Appennini, come stanno scegliendo i gruppi di individui protagonisti di questo racconto.

SI parte da qui. Oggi lungo la dorsale appenninica si diramano decine e decine di iniziative portate avanti da giovani (e non) che stanno sperimentando l’abitare, il neopopolare, il vivere temporaneo e si interrogano sul senso del loro restare o arrivare. “Riabitare l’Italia” (De Rossi, 2018) è un’impresa, nel senso di compiere un atto di incredibile forza, come ci insegna Giovanni Teneggi, artigiano di comunità. Dunque, per compiere un’impresa del livello del riabitare i luoghi al margine dopo decenni di depauperamento e abbandono, c’è bisogno di incontro, supporto e confronto. È così che tutte queste realtà che portano avanti piccole rivoluzioni del quotidiano sentono il bisogno di trovare le occasioni per incontrarsi, confrontarsi, sapere di non esser soli e poter ricevere sempre nuovi stimoli; o quanto meno parole di conforto nelle difficoltà. 

Come moderni pastori migranti, ci si muove in ogni direzione per incontrarsi, scoprirsi e portare a casa nuove energie. Le vite di chi sceglie gli Appennini sono spesso caratterizzate da continui spostamenti sia fisici che virtuali. Anche chi intraprende la strada del riattivare antichi mestieri come pastorizia o agricoltura, spesso lo fa dopo un’esperienza in realtà simili in altre aree. Più che neo-montanari si è innovatori della montagna per cui il viaggiare è parte fondante del restare. È nata così l’idea di dirsi “incontriamoci anche tutti insieme, quanti più possibile, in un solo luogo e confrontiamoci. Diamo un senso al nostro abitare “con” gli Appennini”.

Habitat: uno spazio di incontro e confronto

  Il format “Habitat” nasce nel 2018 con l’associazione Chiocciola la casa del nomade, basata a Pennabilli, piccolo comune sul confine marchigiano-romagnolo, ad un’ora da Rimini. il format parte dal concetto di habitat inteso come luogo, ambiente, relazioni, complessità, insieme di spazi che determinano tempi e abitudini, e si realizza attraverso 3 giorni di attività di confronto, workshop e proiezioni di documentari aperti alle comunità abitanti nel Parco Sasso Simone e Simoncello. Nasceva dal bisogno di prendersi del tempo in cui rallentare, lasciarsi ispirare e, attraverso la condivisione spontanea ed informale, riflettere su cosa vuol dire abitare. 

Nel 2022, considerando il momento storico e sociale, si è allargata la riflessione, lanciando un invito alle realtà delle Terre Alte per incontrarsi in un’assemblea aperta di confronto sul tema dell’abitare gli Appennini in senso più ampio. Si è partiti dalle domande: 

Cosa vuol dire oggi abitare l’Appennino? In che modo l’habitat può trasformare l’abitare? Cosa vuol dire “incontro” nelle Terre Alte? Come può una rete di giovani tra gli Appennini mettere a sistema le proprie competenze e conoscenze per migliorare l’abitare nelle Terre Alte?

L’incontro, che ha preso in nome di “Habitat Appennino”, si è svolto il 10 settembre al Parco Begni di Pennabilli, dove una trentina di ragazze e ragazzi provenienti da diverse zone degli Appennini (tra Centro, Sud e Nord), si sono incontrati e incontrate per parlare sul futuro dell’abitare – permanente o temporaneo – nelle Terre Alte.

L’occasione per farlo è stata IT.A.CA’ – Migranti e Viaggiatori, Festival del turismo responsabile che quest’anno ha proposto ai 25 territori della rete nazionale di confrontarsi proprio sul tema dell’”habitat”, inteso come pratiche dell’abitare la diversità dei luoghi, spazi e relazioni. Per questo è stato immaginato come luogo ideale per parlare di esperienze, possibilità e difficoltà dell’abitare. Partendo dal presente e nei sogni, aspirazioni e progettualità dei giovani che decidono di rimanere, tornare o arrivare.

Piccole conclusioni, spunti per iniziare

Tra gli argomenti più dibattuti sui piccoli comuni e aree interne c’è stato sicuramente quello del bando Borghi e dei borghi, “i paesi che non ce l’hanno fatta”, per citarne Savino Monterisi, amico e compagno di lotte per l’Appennino. Un’idea condivisa è stata anche la riscoperta delle radio locali come strumenti di partecipazione e comunità ma anche come forme di connessione e condivisione per raccontare le Terre Alte. Tutte iniziative che hanno al centro il bisogno di dare un significato profondo alle parole “abitare” e “comunità”. È in questo modo che un gruppo di giovani, formalizzato o non, diventa un organismo che facilita l’incontro tra comunità e nuovi abitanti, che esercita il cambiamento.

È emerso anche il bisogno di spingere delle soluzioni “punk” come defiscalizzare e supportare l’avvio di impresa e l’abitare nelle aree interne. Azione per cui solo un forte collegamento dei territori può avere la rilevanza politica necessaria. Ci si è confrontati anche sull’importanza di fare politica attiva, dal vivere le piazze al governare spazi e paesi, riconoscendo che anche il favorire il confronto e l’incontro in uno spazio pubblico è un atto politico quotidiano e necessario. Per farlo in modo strutturato però servono dei contenitori in grado di supportare l’attivazione politica giovanile. Officina Giovani Aree Interne, l’iniziativa a supporto del Comitato Tecnico Aree Interne (CTAI), almeno per come è vissuto dai giovani sui territori, è proprio questo. Per quanto si parli di reti e dell’importanza della loro presenza, si sente sempre più il bisogno di un’azione comune, che spinga nella stessa direzione e faccia sentire uniti da ogni remoto universo del quotidiano.

Habitat Appennino così è stato uno spazio di incontro, una festa. La festa di inaugurazione di qualcosa che ha avuto al centro la relazione tra abitanti, reti di giovani, il territorio ed i suoi confini. Un inizio che è nella sua fase potenziale, in attesa di strutturarsi in politica attiva

articolo di Annalisa Spalazzi & Andrea Massimo Murari di Chiocciola la casa del nomade APS e referenti Officina Giovani Aree Interne per l’Emilia-Romagna

La mappa concettuale risultato dell'incontro Habitat Appennino - di Monica Gori