LE AREE INTERNE TRA ABBANDONI E RICONQUISTE

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Un anfiteatro per “cento campanili”. Dove guarda il Festival dei giovani dell’Appennino di Collarmele (AQ)

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Filiberto Ciaglia
Dottorando di ricerca in “Studi Geografici” – Sapienza Università di Roma

Laddove qualcuno racconta che niente rimane, noi vi abbiamo visto il mondo.
Il Festival dei giovani dell’Appennino si svolge a Collarmele, un paese dell’Abruzzo aquilano che negli ultimi vent’anni ha assistito a una contrazione demografica sostanziale. Qui ho frequentato anche le scuole medie, dove oggi si installa provvisoriamente la macchina amministrativa prima che il comune storico torni a essere fruibile, a seguito dei lavori di consolidamento strutturale. Collarmele è il paese più a sud del cratere sismico aquilano del 2009, l’unico dell’area marsicana. Questa perimetrazione del disastro si somma alla più antica ferita del 1915, un sisma che distrusse gran parte del centro e che condusse a uno spostamento in direzione nord-ovest del nuovo paese. Nel punto in cui le verticalità architettoniche si stagliavano nella parte apicale del paese antico sorge oggi l’anfiteatro di Piazza dell’Orologio, circondato dalla catena appenninica del Sirente e dalla distesa del Fucino. È qui che prende il via la manifestazione.
Sulla scia dell’onda, più o meno anomala e uniforme, di pratiche che in tutto l’arco appenninico si pongono l’obiettivo di sollevare istanze contro lo spopolamento dei piccoli centri, la manifestazione vuole caratterizzarsi attraverso una diffusione capillare nei territori, cercando i giovani fino all’ultima contrada del più remoto caseggiato d’altura che abbiano ripensato i propri luoghi e vogliano abitarli, per proporre loro di raggiungerci e connetterli a tutti quanti. È una finalità pretenziosa, ma guai se non lo fosse a ragione del deficit di rappresentanza scontato dalle aree interne della penisola rispetto alle agende politiche nazionali. Un deficit da cui consegue, a voler essere onesti, la miopia geografica emblematicamente rappresentata dalla sistematizzazione del “paese” in “borgo” nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che nei presupposti progettuali ai più alti livelli ha alterato i paesaggi storici tramutandoli in improbabili scenografie da cartolina. Manca, dunque, la geografia intesa come disciplina che decodifica la relazione di significato tra società e ambiente: geografico resta nelle istituzioni, troppo spesso, quel che si limita a descrivere superficialmente il mondo, secondo una visione anacronistica e – per fortuna – tramontabile della disciplina.
Arrivare a federare i paesi creando un senso di condivisione che si snodi in tutto l’Appennino è l’obiettivo che la manifestazione raggiunge tra le gradinate dell’anfiteatro collarmelese a partire dalla sua prima edizione nel 2021. Tutto si svolge nel corso di una giornata nella quale una decina di paesi, rappresentati da folte delegazioni giovanili, si riunisce in Piazza dell’Orologio per (ri)conoscersi presentando le proprie criticità territoriali e i progetti di sviluppo locale, mettendo a sistema idee e creando future collaborazioni. A seguito delle due edizioni passate, che hanno assistito all’alternarsi di 20 paesi provenienti da 4 regioni italiane, lo staff del festival sta lavorando per ampliare ulteriormente la rappresentanza e acquisire le energie necessarie a un allungamento futuro della manifestazione a più giornate, cercando di non perdere per strada gli sforzi perché si perde il conto dei progetti scomparsi dalla scena tra le montagne, vinti dalla mancanza di risorse o dalle difficoltà nel ritrovare l’entusiasmo quando va perdendosi la ventata di ottimismo primordiale. Venendo al festival, nel lungo periodo la speranza è che il suo approccio finisca per configurarne la natura di innesco di coesione e di megafono rappresentativo dei tanti entroterra in cerca di attenzione. Il poeta Franco Arminio, già ospite dell’evento, crede che l’idea «se coltivata, potrà coinvolgere l’intero arco appenninico dalla Liguria all’Aspromonte, e divenire un riferimento nazionale».
Che i paesi abbiano assunto una rinnovata centralità, anche alla luce dello strascico pandemico, è un dato ormai evidente. Tuttavia il rischio che corre la montagna italiana si sostanzia nel monopolio assunto dalla retorica tossica del “borghismo”, cui corrisponde una sfocatura della reale esigenza che accomuna le realtà territoriali più in difficoltà. Lo sanno bene i consiglieri di ANCI Giovani, le ragazze e i ragazzi di Officina Giovani Aree Interne, di Montagne in Movimento, di Borgo Universo, delle cooperative di comunità e del ventaglio associazionistico tout court che pulsa nei centri minori. Forse è bene che solo la retorica dei paesi mantenga il suo centro altrove, che se ne resti ai margini arrivati a questo punto. La notizia è piuttosto l’intreccio tra quel ventaglio di ragazze e ragazzi, la presa di coscienza che nell’atto naturale dell’incontro si stia creando qualcosa di semplice ed eccezionale allo stesso tempo, che la condivisione del disagio è il blocco di partenza per una futura corsa comune che come primo punto all’ordine del giorno pretende i servizi essenziali nei paesi. L’elenco dei punti successivi potrà dipanarsi laddove alla lettura del primo corrisponda un’azione decisa da parte delle istituzioni. Restando sulla necessità di muoversi coralmente, l’esigenza di pensare a una piazza comune nasce anche alla luce di uno spunto su cui si può riflettere in questa lunga stagione dei paesi che va esplodendo: da una parte si prende atto della miracolosa proliferazione di esperienze virtuose nei piccoli centri, dall’altra parrebbe che una latente corsa al primato delle buone pratiche abbia la precedenza sulla necessità di connettersi ai territori più lontani.
Se il Festival dei giovani dell’Appennino potrà offrire un contributo in questa direzione federativa, permettendo al policentrismo dei paesi resistenti di riconoscersi in un iconico anfiteatro da cui sommare le istanze, una sede che permetta anche di unire i vari livelli del dibattito attorno alle aree interne, si vedrà nei prossimi appuntamenti.
Nel frattempo il lavoro prosegue in vista della terza edizione, in programma sabato 5 agosto 2023 a Collarmele (AQ), nell’anfiteatro di Piazza dell’Orologio.